Per giudicare e amare un giardino occorre prima di tutto frequentarlo, averlo conosciuto attraverso i propri occhi, i propri passi. C’è un’unica eccezione che mi sento di fare ( e non riguarda il giardino, ma le fotografie), in cui la fotografia non mente, ma solo riproduce e parla: è la mostra sugli ulivi di Puglia che si è tenuta recentemente a Roma. Perché, oltre la qualità delle singole fotografie, conta più ancora, a mio avviso, la suggestione che esercita la vista di quei mostri ( nel vecchio senso latino di mostrum), monumenti vegetali, ciascuno lavorato nei secoli (perché non pochi di questi hanno più secoli di vita) dalle intemperie e dalla mano dell’uomo. Suggestione, almeno così opera su di me e in me, che si traduce immediatamente in attrazione, nel desiderio di poterli avere sotto gli occhi e conservarli vivi nella memoria; di vederli, quegli ulivi, nella loro luce marina, sparsi nella loro liberissima distribuzione, non mai in un disegno, come negli uliveti più tardi che siamo usi vedere in Puglia o in diverse altre regioni del nostro paese. E non conta poco anche la terra rossa da cui emergono. Li ho visitati quei luoghi, ormai diverse volte, ma mi è rimasto fitto dentro il desiderio di tornare, di muovere da uno all’altro, di esplorare metro per metro il loro regno, e riconoscerli, ciascuno nella sua forma. E voglio ancora ricordare che per me personalmente l’aver visto e visitato quest’area ripetutamente negli anni ha costituito una rivelazione, forse la lezione più importante sul disporre gli alberi che ho avuto nella vita; perché in nessun altro luogo come qui, dove sono in massima parte ottenuti (e divenuti quali sono) attraverso gli innesti operati sugli Olivastri selvatici, gli Ulivi sono nati e cresciuti come natura ha voluto sul luogo. Alberi isolati, conoscibili in ogni loro particolare da ogni lato, non mai ed in nessun momento privati della luce che li abbraccia: sono questi ulivi il mio modello ideale. E se mai avessi la fortuna di progettare un parco, vorrei mostrare di aver appreso la loro lezione, assegnando a ciascun albero il proprio giusto spazio, quel tanto di vuoto necessario di cui abbisogna e la cornice che a ciascuno compete, secondo un dettato appreso in una lunghissima durata, tutta una vita di quasi ottanta anni di familiarità col mondo vegetale. Ippolito Pizzetti
video conferenza skype con Lorenzo Fonda | Los Angeles Theircircularlife la metafora dello skater_cambiare punto di vista megunica blu_Argentina "what changed me was realizing that around my paintings was a building something I could take advantage of usualig I prefer complicated walls not simple walls, not plain walls, so I prefer to paint a wall that already has something to say like this one walls that have an history which is not just a plain wall, painted white this one was wonderful for example, that window that was the point where everything started and also these two little towers it was the skeleton of this mural, of this piece it was not the same if the wall was completely white" blu
"Ho scelto di fare la paesaggista per amore della città. Non sono una specialista del verde, non sono una fanatica del giardinaggio e detesto andare nei parchi. Quello che ho scelto è un mestiere strano e dai contorni sfumati, vago, per questo mi piace. Ho lavorato con grandi architetti come Piano, Rogers, Nouvel. Non facciamo due lavori diversi. Entrambi, architetto e paesaggista, inseguiamo l’arte del contesto. Il mio interesse non si ferma alla soglia dell’edificio, e lo stesso vale per l’architetto. Non ho un settore di competenza esclusivo, ma un modo di guardare al mondo, quello sì. Oggi, per lavorare ad un progetto disegno sempre di meno e scrivo sempre di più. Quello che più mi interessa è l’emozione: il cielo, le ombre, la gente. I paesaggisti spesso non conoscono la città, e non capiscono l’architettura. Si direbbe che non sappiano nemmeno che cosa sia la natura, dal momento che sembrano capaci solo di ridurla a praterie verdi e alberate. Invece la natura di cui si devono occupare è altrove. A Parigi è quella del cielo sopra la collina di Montmartre, della vista dei tetti quando si sale al Beaubourg, del vento tra i capelli quando si attraversa un ponte sulla Senna. Un vero parco a Parigi è fatto del cielo e della Senna, e non si trova né nei parchi di Bercy, né di Citroen. La natura è il nostro contenitore emotivo contemporaneo. Eppure il rapporto tra città e natura si è sviluppato come una relazione fatta di dominio, potere, paura e asservimento. Alla fluidità, all’imprevedibilità, alla libertà, ai rischi del mondo vivente la città oppone il proprio ordine, il rigore, la geometria, cercando di imporsi su un territorio geografico. Troppo spesso gli alberi in città sono considerati solo come un arredo urbano. Per me, invece, sono dei prigionieri. A volte usciamo dalle nostre mura per affrontare la natura, andiamo a caccia di emozioni, di sentimenti primitivi che ci facciano sentire ancora un po’ vivi. Mi piacciono i vecchi platani secolari del sud della Francia, quando non sono stati mutilati dalle potature, che deformano il terreno e offrono una magnifica ombra, molto più bella di quella che potremmo fare noi, nei nostri progetti. Allora ci viene persino voglia di proteggerla la natura, di salvarla. La città tenta di riprodurre delle rappresentazioni asettiche di questa natura indomabile. Simulacri di paesaggio immaginario che noi chiamiamo parchi pubblici. Come ci si reca allo zoo a vedere gli animali selvaggi, si va al parco per vedere la natura, vicina a casa e raccolta nello spazio costretto e limitato che l’architettura ha voluto concederle, e che la rassegnazione rende sinistro. Chiunque si sia trovato a passeggiare per un parco parigino in una giornata grigia, capirà.”
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Paesaggio e memoria Simon Schama / 1997, A.Mondadori, Milano
I giardini cinesi Chen Conzhou / 1990, F.Muzzio, Padova
L’atto di vedere Wim Wenders / 1998, Ubulibri, Milano
Il paesaggio come teatro Eugenio Turri / 1998 Marsilio Editori, Venezia
Estetica del vuoto Giangiorgio Pasqualotto / 1995 (III ed.), Marsilio, Venezia
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Storie di architettura attraverso i sensi Anna Barbara / 2000, B.Mondadori, Milano
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Il giardiniere appassionato Rudolf Borchardt / 1992, Adelphi
storia del giardino e del paesaggio
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Giardino e Paesaggio Hermann Furst von Puckler-Muskau / 1984, Rizzoli editore, Milano
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The same landscape / los mismos paisajes Teresa Galì-Izard / Gustavo Gilli, Barcellona
Il territorio transitivo Georges Descombes / 1988, Gangemi
Lotus navigator 02 / i nuovi paesaggi 2002, Electa, Milano
Burle Marx / el paisaje lìrico Marta Iris Montero / 2001, Gustavo Gili, Barcelona
arte ambientale e land art
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testi per la conoscenza e identificazione del materiale vegetale
Alberi e arbusti in Italia / Manuale di riconoscimento Mario Ferrari, Danilo Medici / 1998, edagricole, Bologna Enciclopedia dei fiori e del giardino Ippolito Pizzetti (a cura di) / 1998, Le Garzatine
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